Come piove bene sugli impermeabili

“Paolo Conte è il riassunto della musica italiana, come la lucertola è il riassunto del coccodrillo”: è Vinicio Capossela che lo disegna così, nel film. Io, ancora nella sindrome Arichiudeteme, non ci sarei tornata, al cinema. Due ore con la mascherina, si appannano gli occhiali, lasciare i nomi all’entrata, distanziati, voi-siete-congiunti-allora-accanto. Ma so che gli inviti di Flavia non arrivano mai a casaccio. E c’è che con me questa settimana ho la giovane matricola Older (Cesù, era ieri che faceva battute avendo sette anni). E lei Paolo Conte non lo conosceva. Ve lo dico dall’alto del mio “E’ morto un certo Freddie Mercury”: quindi era probabile scoppiasse anche per lei l’amore. Dunque siamo andate tutte e tre.

E così, oltre che al cinema, sono tornata anche a viaggiare. A viaggiare da ferma. Lui, un timido avvocato di Asti, che reinventa il mondo e ce lo fa attraversare ogni volta, tutto, in quattro minuti. E siccome “Scrivere di musica è come ballare di architettura” (e questo è Frank Zappa) io direi che stasera, potendo, invece andateci direttamente: è l’ultima sera in cui sta al cinema. Andate e fatevi trasportare con la Topolino amaranto. Perché, tanto, fuori piove ancora un mondo freddo, pure se c’è il sole. E però come piove bene sugli impermeabili e non sull’anima, anche al chiuso.

Andate e fatevi conquistare da quella faccia di gomma e da quella voce roca. Non perdetevi per niente al mondo lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato del jazz e di sua moglie.

Andateci per sentire quel friccicore nelle sinapsi che si accende ogniqualvolta si incontra il talento. Il talento discreto e timido. Perché “lui è l’eleganza dell’intelligenza”, dice mentre gli si allampa anche la sua, Andrea Camilleri.