L’amore in una stanza: Modigliani e Jeanne

Avete mai amato così profondamente da condannare voi stessi all’inferno per l’eternità? Beh, io l’ho fatto.

E non ci sarebbe altro da aggiungere a ciò che il regista Mick Davis fa dire a Jeanne Hebuterne nel film “I colori dell’anima”. film sulla vita di Amedeo Modigliani e su quel perfetto manuale di autodistruzione reciproca che è stato l’amore fra lui e lei.

Non c’è niente di speciale, all’inizio, in quel copione dell’artista squattrinato, bello e dannato, e leopardianamente già minato in salute da giovane, che lascia l’Italia per Parigi e lì si tira dietro il suo fare smodato. Manca solo Puccini. E infatti. La vita bohemienne lo trascina tra osterie, alcol, droghe, sperperi, donne e un supremo talento. Ma… Eccolo il “Ma”: ha 19 anni -e lui 33 quando la incontra- occhi profondi e capelli lunghissimi. Si chiama Jeanne Hebuterne, artista anche lei, e appartiene a una famiglia conservatrice e borghese. C’è tutto ciò che serve per innescare la mina. Che infatti scoppia al primo sguardo: occhi negli occhi ed è già tardi per mettersi in salvo.

Lei lascia tutto, compresa la carriera di artista, e si trasferisce nel sottotetto di lui, la famiglia la ripudia e ostacolerà in ogni modo ciò che invece è inarrestabile. Il Paradiso dura poco perché la salute di lui peggiora, i soldi scarseggiano e lei rimane incinta ma lui neanche riconosce, all’inizio, quella bambina il cui nome per esteso diventerà la crasi di lui e di lei: Jeanne Modigliani.

Lui la ritrarrà e la amerà sulle tele come non riuscirà mai a fare nella vita. Restituendole, e facendolo a lei sola, financo lo sguardo:
“Dipingerò i tuoi occhi. Ma devo conoscere la tua anima per dipingerli”.

E gli occhi vuoti e cerulei che lui disseminerà ovunque si fermano qui, negli occhi di lei, i soli che riuscirà a riempire di intensità e non di vuoto.

La salute di lui peggiora e a un certo punto si accorge che di tempo gliene resta poco. Promette di sposarla, di riconoscere quella prima figlia, lei resta di nuovo incinta e sembra davvero, quella, una proroga concessa dalla vita. La proroga si interrompe per lui il 24 gennaio del 1920. Muore di tubercolosi, a 35 anni. Due giorni dopo lei, incinta di nove mesi, si suicida gettandosi dalla finestra dell’appartamento dei suoi. Lui viene sepolto al Père Lachaise, la famiglia di lei non cede neanche lì e la seppellisce al cimitero di Bagneux. Solo dieci anni dopo verrà portata anche lei accanto a lui.

Ma no, non chiuderemo questa storia con un suicidio. La chiuderemo con ciò che lui risponderà a lei ogni volta in cui ritorna, dopo abbandoni, strazi, tradimenti, angosce. E che ancora oggi, probabilmente, sdraiatole accanto al Pere Lachaise, continua a dirle:

-Ma dove sei stato?
-Ad aspettarti