Professorè, da Auschwitz nun po’ tornà nessuno

Una separazione, svariati governi e sei lavori fa Meri Pop decise di non farsi mancare proprio nulla e accettò di fare da portavoce al ministro della Pubblica Istruzione.

Un giorno lui la chiamò e disse
-Copriti bene che andiamo con gli studenti ad Auschwitz

Arrivarono una mattina di gennaio davanti a una montagna di neve bianca dalla quale spuntava un cancello di ferro nero. E sotto una gelida nevicata iniziarono a camminare a fatica tra le stradine dell’inferno.
Andarono nelle baracche delle donne, in quelle degli uomini, in quelle dei bambini.
Poi andarono anche al museo: cataste di abiti, occhiali, capelli, protesi dentarie, scarpe.
Davanti a una scarpina singola taglia bambina la linea Maginot di Meri Pop crollò.
E cominciarono a scendere: tante, calde, veloci.
E’ a quel punto che, dal gruppetto degli studenti, se ne staccò uno e le si avvicinò, facendo cadere un’altra linea Maginot. E dopo ventiquattr’ore di viaggio e di “Dottorè”, il ragazzo le poggiò un vigoroso braccio sulla spalluccia piangente ed esclamò:
-Professorè, io me sto a trattenè da un’ora e mo’ tu sbraghi?
E’ uno dei momenti salienti della Hall of Fame della mia vita. Uno di quelli ai quali ogni tanto attingo nei fotogrammi No.
Insieme al fatto che, anni dopo, ero su un autobus e a un certo punto ho sentito uno che richiamava l’attenzione di tutto il jumbobus con: “Professorèèè! Se ricorda?”
e, con aria complice e abbassando la voce, aggiungeva:
“semo stati insieme ad Auschwitz”. Ovviamente non l’ho riconosciuto ma dimenticare è, appunto, impossibile.
Ci siamo scambiati qualche battuta, aveva già fatto la maturità.
Poi gli ho chiesto quanti anni erano passati da quando eravamo tornati da Auschwitz.
Mi ha guardata e ha preso fiato. Poi:
-Professorè, mica lo so. Me sa che da Auschwitz nun po’ tornà nessuno. Io certe volte ce ripenso e me sembra che sto ancora là
(Sempre lui, anche quest’anno..